<<Ogni bambino nato in soprannumero rispetto all’occorrente per mantenere la popolazione al livello necessario deve inevitabilmente perire, a meno che per lui non sarà fatto posto dalla morte degli adulti>>. Questo, uno dei più celebri passi delle teorie di Thomas Robert Malthus, economista inglese vissuto tra la fine del ‘700 e l’inizio dell’ 800. Le parole di questi giorni, del primo ministro inglese, Boris Johnson, <<Abituatevi a perdere i vostri cari>>, sembrano risuonare proprio la teoria malthusiana sul controllo demografico della popolazione, attraverso la quale, i governi nazionali “sarebbero autorizzati” a porre in essere determinati comportamenti in caso di epidemia: dal favorire comportamenti anti-igienici fino a <<deplorare i rimedi specifici alla diffusione delle malattie>>. Ma forse non è soltanto un caso, che Johnson, è soltanto l’ultimo di una lunga lista di governanti a sposare comportamenti che vanno in direzione opposta al sostegno e alla protezione della vita umana. Così come forse è soltanto un caso, che il CoVid-19 vada a manifestare sintomi più aggressivi verso soggetti già interessati da altre patologie e nelle fasce più anziane della popolazione. Non è certamente un mistero che la grande maggioranza del mondo, sia da secoli preoccupata degli aumenti demografici e si impegnino a controllarne l’esplosione. Un mondo, quindi, sempre meno umano e sempre più contabile di vite umane da barattare in cambio di un ordine programmato. Ma le domande più interessanti sono sicuramente quelle circa i nuovi assetti geo-economici post epidemia, con la conseguenza che tutto questo vada sicuramente ad ampliare il differenziale del potere economico dei singoli stati: chi in precedenza godeva di una posizione di vantaggio, acquisterà un peso sempre maggiore, mentre gli stati in difficoltà vedranno le proprie criticità aumentare e in presenza di un’economia incapace di creare, ma soltanto di spostare ricchezza, gli effetti saranno inevitabilmente colonistici. Verrebbe da pensare che tale emergenza sanitaria, sia per alcune economie, davvero un’opportunità. Focalizzando invece, la nostra attenzione al nostro paese, forse è davvero giunto il momento di ridare valore a determinati asset strategici di crescita e imparare da questa lezione che il supporto statale in favore di settori o dell’intero mercato interno sono essenziali per una crescita economica e industriale, senza timore alcuno di “rimproveri” in nome di trattati firmati in passato e che nulla prevedevano in caso di emergenze simili a questa. Nessuna condanna o ipotesi vi è in quest’articolo, ma solo un invito ad una sana riflessione.
Dott. Lamberti Giuseppe