Possiede un Picasso da milioni di euro e non sa che è autentico

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Di Barbara Kornfeld

La scena si svolge a Capri, in provincia di Napoli, negli anni Sessanta. Il signor Lorosso è un rigattiere di Pompei che sta svolgendo una ricerca di oggetti ancora utilizzabili in una discarica: è un luogo interessante perché all’epoca l’isola era meta di star internazionali, divi del cinema, personaggi di cultura; le ville erano frequentate da moltissime celebrità internazionali – attirate dagli scenari mozzafiato e dal fermento artistico – dunque le discariche erano piene di oggetti in buono stato; in più il costo del trasporto marittimo per raggiungere l’isola non era esoso come la tariffa attuale. Nella sua fruttuosa ricerca il signor Lorosso trova – tra le altre cose – un quadro coperto di calcinacci: quel volto così particolare colpisce la sua attenzione, non bada alla firma “Picasso” perché suppone sia falsa; l’immagine è moderna, gli piace, decide di regalarla alla moglie: sarà il quadro del soggiorno, testimone di feste e pranzi domenicali. Lei apprezza il regalo ma – per staccare i calcinacci – è costretta strofinare vigorosamente la tela sul pavimento con una scopa, acqua e sapone; neanche lei ipotizza che quella firma in bella vista possa essere autentica. Tempo dopo, il figlio Andrea, riceve dalla zia un’enciclopedia in dono per il compleanno: dono gradito dal ragazzino e dai suoi fratelli che la usano per studiare e per soddisfare l’innata curiosità. Esaminando le foto dei quadri di Picasso, Andrea Lorosso fa comparazioni con il quadro che ha in casa; in particolare tra le illustrazioni dell’enciclopedia ce n’è una quasi identica al quadro di casa sua: da lì inizia il sogno.

A distanza di sessant’anni, quando il fortunato rigattiere è scomparso – senza la certezza che le intuizioni di suo figlio fossero corrette – giunge la conferma: il quadro è autentico ed il suo valore oscilla tra i sei e i dodici milioni di euro. La discriminante dipende dall’eventuale successivo riconoscimento anche da parte della Fondazione Picasso, presieduta dai figli del genio pittorico di Malaga.

Le indagini finora svolte sono state lunghe e complesse: la tela è stata delicatamente tolta dal supporto ligneo, fotografati in dettaglio occhi e labbra, esaminata nei suoi riflessi rispetto alla luce in ogni parte anatomica dipinta, presi in considerazione i margini di rifodero e i tratti,  effettuati esami a raggi X, riflettografia infrarosso, fluorescenza ultravioletta, infrarosso a falsi colori; il tutto “per determinarne le tecniche esecutive e valutarne lo stato di conservazione”; la grafologa forense Cinzia Alteri ha impiegato molto tempo per valutare il grafismo e ha confermato l’autenticità della firma.

Si conosce anche l’identità della donna ritratta: è Dora Maar, musa ispiratrice e amante di Picasso, della quale ha dipinto varie tele, da qui l’illustrazione sulla famigerata enciclopedia dalla quale Andrea Lorosso da ragazzo ha tratto le giuste intuizioni. Oggi Andrea, rende noto che l’opera è attualmente custodita in un caveau a Milano e – concorde con gli altri figli del fortunato rigattiere – quando sarà determinato il valore definitivo della tela, assolverà alla promessa fatta al padre, ovvero vendere all’asta il quadro: era suo desiderio per il benessere della sua discendenza, un vero e proprio sogno nel caso fosse stata accertata l’autenticità del suo ritrovamento in quella discarica caprese.

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